lunedì 2 febbraio 2009

La tigre bianca

Per la scrivania di:
Sua Eccellenza Wen Jiabao,
Ufficio del Primo Ministro,
Pechino,
Capitale della Cina, Nazione Amante della Libertà


Dalla scrivania di:
«La Tigre Bianca»
Un Uomo Pensante
E un imprenditore
Residente nel centro mondiale della tecnologia e dell'outsourcing
Electronica City Pahese I (accanto a Hosur Main Road) Banagalore, India



Aravind Adiga, La tigre bianca (The White Tiger, 2008), Einaudi, Torino, 2008, traduzione di Norman Gobetti, 232 pagine.

Balram Halwai alias MUNNA, alias Ashok Sarma nasce in una piccola città del Rajasthan, Laxmangarh, nelle Tenebre dell'India, caratterizzata dalla sottile linea luminosa della fogna che l'attraversa e sovrastata da un forte nero.
La famiglia, numerosa, è retta dalla nonna paterna; il membro più coccolato è la bufala d'acqua. Il padre, un autista di risciò, vorrebbe per il figlio un destino diverso dal suo. Balram frequenta la scuola, è un allievo brillante, ma è costretto ad abbandonare gli studi per i debiti contratti dalla famiglia dopo il matrimonio di una cugina. Il suo destino inizia a compiersi dopo la morte del padre per tubercolosi e il suo successivo impiego come autista di uno dei figli di un possidente di Laxmangarh appena tornato dall'America.
Una volta trasferitosi, a seguito del padrone, a New Delhi, Balram osserva il funzionamento della società indiana, assiste alla progressiva corruzione del suo padrone di cui arriva a progettare e realizzare l'omidicio. Con i soldi rubati fugge a Bangalore dove, grazie alle tecniche apprese e alla sua intraprendenza, diventa il proprietario di una agenzia di autisti.

Romanzo d'esordio di Aravind Adiga che distrugge l'immagine positiva dell'India dei call center e dell'outsourcing, del miracolo della economia basata sulle nuove tecnologie come, negli ultimi anni, viene veicolata dagli ambienti economici.
Il paese in cui si muove Balram è una gabbia insensata, la cui descrizione spazza via anche l'alone mistico tanto caro a noi occidentali.
L'ingiustizia è presentata nella sua forma più semplice e brutale senza ricorrere inutilmente ad immagini raccapriccianti ma utilizzando efficacemente allusioni e inframezzando alla narrazione episodi essenziali.
La forma è quella epistolare; un immaginario scambio epistolare tra il protagonista e il primo ministro della Cina in occasione di una visita ufficiale in India.
La storia è il racconto di un'eccezione, l'animale raro, la tigre bianca, che riesce ad evadere dal sistema della stia per polli che regola i rapporti sociali in India e diventare un macellaio ghignante.
La capacità di Adiga di descrivere la realtà dell'India moderna è sbalorditiva.

Il romanzo ha vinto l'edizione 2008 del Booker Prize. Qui, si può ascoltare il discorso di Aravind Adiga.

Su Scribd è disponibile per la lettura la versione inglese del romanzo.

Curiosamente, la maggior parte degli esemplari di Tigre Bianca conosciuti oggi si trovano confinati nei più importanti zoo del mondo.

In termini di istruzione formale forse sono un po' carente. Non ho mai finito la scuola, a dirla tutta. Che importa! Non ho mai letto molti libri, ma ho letto quelli che contano. Conosco a memoria le opere dei quattro maggiori poeti di tutti i tempi: Rumi, Iqbal, Mirza Ghalib e un quarto di cui non ricordo il nome. Rientro nella schiera degli imprenditori autodidatti.
E sono i migliori, mi creda.
Quando avrò finito la storia di come sono arrivato a Bangalore e sono diventato uno degli uomini d'affari di maggior successo della città (anche se probabilmente uno dei meno noti), saprà tutto quel che c'è da sapere di come l'imprenditoria nasce, viene coltivata e giunge a maturità in questo glorioso ventunesimo secolo dell'umanità.
O meglio, dell'umanità gialla e marrone.
Lei e me. p.6

Ė una antico e venerabile costume del popolo del mio paese cominciare le storie rivolgendo una preghiera a una Potenza Suprema.
Forse, Eccellenza, acnh'io dovrei cominciare baciando il culo a qualche dio.
Però il cuolo di quale dio? C'è l'imbarazzo della scelta.
Vede, i musulmani hanno un solo dio.
I cristiani hanno tre dei.
E noi indù ne abbiamo 36 000 000.
Per un totale di 36 000 004 culi divini fra cui scegliere.
Ora secondo alcune persone, e non solo comunisti come lei ma uomini pensanti di tutti i partiti politici, non molti di questi dei esistono davvero. Secondo alcuni non ne esiste nessuno. Soltanto noialtri e l'oceano di tenebre che ci circonda. Io non sono né un filofofo né un poeta, come posso consocere la verità? Ė vero che tutti questi dei non sembrano darsi granché da fare - più o meno come i nostri politici - eppure anno dopo anno continuano a vincere le elezioni per i loro troni celesti. Il che non significa che io non li rispetti, signor primo ministro! Non permetta a quest'idea blasfema di far breccia nella sua testa gialla. Nei paesi come il mio conviene tenere il piede in due staffe: l'imprenditore indiano dev'essere allo stesso tempo onesto e corrotto, cinico e devoto, scaltro e sincero.
Perciò chiudo gli occhi, coniugo le mani in un reverente namaste e prego gli dei di far risplendere la luce sulla mia storia tenebrosa.
Abbia pazienza, Mr Jiabao. Potrebbe richiedere parecchio tempo.
Quanto ci metterebbe lei a baciare 36 000 004 culi? pp.7-8

Coloro che ci vivono chiamano questo luogo le Tenebre. La prego di comprendere, Eccellenza, che l'India è due paesi in uno: un'India di Luce e un'India di Tenebre. L'oceano porta la luce al mio paese. Sulla mappa dell'India ogni luogo vicino all'Oceano è un luogo agiato. Ma il fiume porta le tenebre all'India, il fiume nero.
Di quale fiume sto parlando... quale fiume di Morte con argini di fango denso, scuro e appiccicoso la cui morsa intrappola qualunque cosa vi cresca, soffocoandola e strangolandola e opprimendola?
Be', parlo di Madre Gange, figlia dei Veda, fiume di rivelazione, protettore di noi tutti, il fiume che ha il potere di interrompere la catena delle nascite e delle rinascite. Ovuncque scorre questo fiume, lì sono le Tenebre. p.12


Il corpo di un ricco è come un cuscino di cotone di prima qualità, bianco e soffice e immavolato. I nostri corpi sono diversi. La spina dorsale di mio padre era una corda attorcigliata, come quelle che usano le donne nei villaggi per attingere l'acqua al pozzo; le clavicole gli formavano intorno al collo un rilievo pronunciato, che faceva pensare al collare di un cane; tagli e fraffi e cicatrici, come piccoli segni di frustrate sulla pelle, gli correvano lungo il torace e la schiena, giù oltre le ossa del bacino, fino alle natiche. La storia della vita di un povero è scritta sul suo corpo, con una matita ben temperata. p.21

Non si può pretendere che un uomo in un letamaio abbia un buon profumo. p.26

Nella giungla, qual è l'animale più raro... la creatura che appare in unico esemplare per ogni generazione?
Ci pensai su e dissi:
- La tigre bianca.
- Ecco cosa sei tu, in questa giungla. p.28

[...] a Laxmangarh non ci sono ospedali, anche se ci sono tre diverse prime pietre per un ospedale, posate da tre diversi politici alla vigilia di tre diverse elezioni. p.36

Mr Jiabao.

Signore,
quando lei arriverà qui, le diranno che noi indiani abbiamo inventato tutto, da Internet alle uova sode alle navi spaziali, prima che gli inglesi i rubassero l'idea.
Sciocchezze. Il massimo che questo paese abbia prodotto in diecimila anni di storia è la Stia per Polli.
Vada nella vecchia Delhi, dietro la Jama Masjid, e guardi come tengono i polli al mercato. Centinaia di galline biancastre e galli al colori vivaci, ammassati in gabbie di fil di ferro, schiacciati uno sull'altro come vermi in uno sotmaco, a beccarsi a vicenda e cagare uno addosso all'altro, ad azzuffarsi per conquistare un minimo di spazio vutale. Dalla gabbia si alza una puzza orrenda: puzza di pennuti terrorizzati. Sull atavola di legno posata sopra la stia siede un giovane macellaio ghignante, che esibisce la carne e le interiora di un pollo appena macellato, ancora ricoperto di una patina oleosa di sangue. I galli nella stia sentono l'odore del sangue. Vedono le interiora dei loro fratelli sparse intorno. Sanno di essere i prossimi. Eppure non si ribellano. Non cercano di uscire dalla stia.
In questo pease si fa esattamente la stessa cosa con gli esseri umani. p.124

La Grande Stia per Polli Indiana. In Cina avete qualcosa di simile? Ne dubito, Mr Jibao. Altrimenti non avreste bisogno del Partito Comunista per sparare alla gente e di una polizia segreta che fa irruzione di notte nelle case e arresta le persone.
Qui in India non abbiamo bisogno di una dittatura. E nemmeno di una polizia segreta.
Perché noi abbiamo la stia.
Mai prima nella storia dell'umanità così pochi hanno dovuto così tanto a così tanti, Mr Jabao. In questo paese una manciata di uomini ha addestrato il restante 99,99 per cento - uomini altrettanto forti, abili e intelligenti - a vivere in un perenne stato servile; uno stato servile radicato al punto che se dai a un uomo la chiave della sua emancipazione lui te la scaglia addosso con un insulto. p.126

Odiamo i nostri padroni dietro una facciata di amore, oppure li amiamo dietro una facciata d'odio?
La Stia per Polli in cui siamo rinchiusi fa di noi un mistero a noi stessi. p.135

I sogni dei ricchi, e i sogni dei poveri... non coincidono mai, vero?
Vede, i poveri sognano per tutta la vita di avere abbastanza da mangiare e somigliare ai ricchi. E i ricchi cosa sognano?
Di perdere peso e di somigliare ai poveri. p.161

Mi lesse un'altra poesia, poi un'altra, e mi spiegò la vera storia della poesia, che è una sorta di segreto, un sortilegio conosciuto solo dagli uomini saggi. Signor primo ministro, non scoprirà niente di nuovo se le dico che la storia del mondo è la storia di una guerra di cervelli fra ricchi e poveri che dura da diecimila anni. Cercano eternamente di mettere i paraocchi gli uni agli altri: così è fin dall'inizio dei tempi. I poveri vincono qualche battaglia (pisciando nelle pienate in vaso, prendendo a calci cagnolini, ecc.) ma naturalmente sono i ricchi che da diecimila anni vincono la guerra. Ecco perchè un giorno alcuni uomini saggi, presi da compassione per i poveri, hanno lasciato segni e simboli nelle poesie, che a prima vista parlano di rose e belle ragazze e roba del genere, ma se comprese nel modo corretto rivelano segreti che permettono all'uomo più povero della terra di condurre a termine a proprio favore la guerra dei cervelli che dura da diecimila anni. Ora, i quattro più grandi fra questi saggi poeti sono stati Rumi, Iqbal, Mirza Ghalib e un altro di cui non ricordo il nome.
(Chi era il quarto poeta? Mi manda in bestia non riuscire a ricordare il suo nome. Se a lei viene in mente mi mandi una mail.) p.183

Una rivoluzione indiana?
Nossignore. Non ci sara. Il popolo di questo paese si aspetta che la guerra per la libertà venga da qualche altra parte - dalle giungle, dalle montagne, dalla Cina, dal Pakistan. E questo non succederà mai. Ogni uomo deve costruire la propria Benares.
Il libro della rivoluzione ce l'hai nella pancia, giovane indiano. Cagalo e leggitelo.
Invece se ne stanno davanti alla Tv a guardarsi il cricket e la pubblicità dello shampoo. p.219

Questi sono i miei sogni, ma non è detto che si avverino.
A volte penso che non mi prenderanno mai. Penso che la Stia per polli ha bisogno che ogni tanto qualcuno come me riesca ad evadere. p.231


book trailer, in francese...




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