martedì 31 marzo 2009

Anime alla deriva





Francesco de' Rossi detto Cecchino Salviati, Carità, 1543-5, Galleria degli Uffizi, Firenze (particolare)


Richard Mason, Anime alla deriva (The Drowning People, 1999) "Super ET", Einaudi, 1999, Traduzione dall'inglese di Stefania Bertola, 356 pagine.

[coming soon?]

Mia moglie si è sparata ieri pomeriggio.
O almeno questo è quanto ritiene la polizia, e io interpreto la parte del vedovo affranto con entusiasmo e con successo. Vivere con Sarah mi ha insegnato a ingannare me stesso, e l'ho trovato anch'io, come lei, un eccellente modo per imparare ad ingannare gli altri. Naturalmente io so che lei non ha fatto niente del genere. Mia moglie era troppo equilibrata, troppo ancorata al presente per pensare di farsi del male. È mia opinione che non si sia mai preoccupata di quello che aveva fatto. Era incapace di provare rimorso.
Sono stato io a ucciderla. p.1

Soltanto allora ebbi la prima intuizione di qualcosa che oggi so con certezza: Che gli esseri umani non possono essere divisi; che le parti che li costituiscono non hanno alcuna autonomia; che non possono essere separati in metà distinte per la tranquillità morale degli altri. p.229

Non conoscendo neanche per sentito dire il senso di colpa, e non avendo mai provato nessuna mortificazione peggiore che essere costretta ad aspettare un po' troppo dal dentista, Camilla era sempre così di buon umore da risultare un vero balsamo per il mio stato di depressione. p.273

L'attrazione fra gli esseri umani è una faccenda complessa, tanto complessa e potente che non basterebbe una vita per spiegarla. [...] Adesso comincio a capire che la bellezza fisica ci attira in modi che non sempre riconosciamo, e a piccoli passi di cui non sempre ritroviamo le tracce. p.311


Super Et, Einaudi, Progetto Grafico 46xy, fotografia di Annalisa Ceolin



Penguin Books, 2000



Warner Books, 1999



lunedì 30 marzo 2009

L'osteria volante





Feast on wine or fast on water
And your honour shall stand sure,
God Almighty's son and saughter
He the valiant, she's the pure;
If an angel out of heaven
Brings you other things to drink,
Thank him for his kind intentions,
Go and pour them down the sink.


Gilbert K. Chesterton, L'osteria volante (The Flying Inn, 1914), "Tascabili Bompiani. Romanzi e Racconti", 1032, Bompiani, 2007, Prefazione di Enrico Ghezzi, traduzione dall'inglese e introduzione a cura di Gian Dàuli, 319 pagine.

Sorta di distopia moralista basata sull'idea di un silenzioso complotto teso a islamizzare (nella declinazione turca)la società inglese a partire dalla proibizione del consumo di alcoolici, ipotesi sventata alla fine dalla determinazione di un capitano irlandese, Patrick Dalroy, eroe della resistenza di Itaca, che portando in giro la gloriosa insegna della "Vecchia Nave", pub di Pebleswick, riuscirà a far fallire i piani di Lord Ivywood.
Ma i contemporanei estimatori della teoria dell'invasione islamica fedeli allo slogan "l' ombra del minareto non oscurerà il nostro campanile" non troveranno nel romanzo che pochi riferimenti realmente utilizzabili ai loro fini.
Nel 1914, infatti, il declino dell'Impero ottomano era già in fase conclamata e l'Impero britannico era minacciato più dall'India e dalla vicina Irlanda che dalla Turchia (l'epopea araba di Lawrence d'Arabia sarebbe iniziata solo due anni più tardi).
La scelta dell'Islam è quindi probabilmente stata fatta per assurdo, proprio come ipotesi inverosimile e comica.

Progetto grafico Polystudio, copertina di Aurelia Raffo



mercoledì 25 marzo 2009

Vergine giurata

Elvira Dones, Vergine Giurata, "I Narratori", Feltrinelli, 2007, 204 pagine.

[coming soon...]

"Diventare uomo non è difficile, " dice- " Ho fatto giuramento di non sposarmi mai, è un'usanza che esiste solo nel Nord del paese. Ti spiego: quando in una famiglia non ci sono figli maschi, una delle femmine giura di comportarsi da uomo e restare uomo per il resto dei suoi giorni. Da quel momento, assume tutte le funzioni e tutti i ruoli di un maschio. Così io sono diventata il figlio che lo zio non aveva. " p.53

A Hana piaceva saultare con un tungjatjeta, la mano posta sul cuore, gli sguardi solenni, le fronti che per una attimo di toccabno a suggellare la sacralità del commiato. Che ti si allunghi la vita! p.57

E lei pensa che con il dolore dentro non si va lontano. Se non lo guardi in faccia, il dolore, continuerà ad assalirti. Ti resta dentro, fango nero, poltiglia. Se lo affronti di petto invece, magari c'è speranza che se ne vada. Si sforza di aggredirlo. p.61

Il signor mare sta disteso, levigato e luccicante come nel più bello dei sogni. Nulla tocca la sua vastità, né l'immondizia gettata dai turisti sulla battigia, né la bruttezza dei consumi dei pochi bagnanti. p.92

"Io sembro strana," prosegue Hana, "ma non lo sono. Sembro impacciata, ma non lo sono. Sì, in parte sì, anche, adesso però non si tratta di questo. Adesso devo capire quando verrà il momento di piangere, dopo di che mi sarà più facile. E non riesco a piangere, proprio no." p.95

Lei corre. Fra sette, otto ore sarà a casa, e sarà salva. È bello andarsene, c'è qualcosa di eroico nella fuga, ti perdi via ti sfumi diventi nuvola oppure uomo. Ci vuole fegato per andarsene. p.99

Non correre non far rumore non pensare. Nessuna fretta. Non più. C'è tutto il tempo di questo mondo, nessuno ti aspetta, non devi preoccuparti della morbidezza dei tuoi capelli, non devi preoccuparti di trovare dei vestiti carini, tra Parigi e Rrnajë c'è di mezzo la neve. p.112

La kulla risplende di pulizia. Vittima dell'abitudine, non è ancora riuscita a trascurare le faccende domestiche, ma ci sta provando. Da uomo non dovrebbe toccare lavoro da donna, così vuole il Kanun. p.114

"Sei un egoista, te lo ripeto, e non me ne frega niente se ti fai male! Noi altre eravamo braccia e corpi per i mariti, lì sui monti, nessuno che ci chiedesse mai niente, e abbiamo obbedito. Tu ti sei nascosta, invece di lottare. Sei diventata uomo. Ma tu guarda, tanto semplice! Facile fare l'uomo! La vera impresa lassù era vivere da donna, mica fare il coglione che si ammazza di alcool e tabacco." p.125

Non dirlo nemmeno, chi si è scottato col fuoco impara a soffiare anche sullo yogurt. p.159


La copertina, "Fertility" di Philippe Lardy

martedì 24 marzo 2009

L'albero dei microchip





Francesco Abate, Massimo Carlotto, L'albero dei microchip, "Verdenero", 14, Edizioni Ambiente, 2009, 237 pagine

L'intervista a Francesco Abate e quella a Massimo Carlotto.

Il book trailer del libro:




Io spero che i liberiani abbiano buona memoria, perchè un sasso, anche se resta vent'anni nel fiume...»
«...non diventerà mai un pesce», concluse il colonnello.
«Vedo che almeno condividiamo gli stessi proverbi..» concluse Kimmie, concedendo finalmente un sorriso al colonnello Yakobù.
«L'Africa è una sola, tenente.» p.64

L'aria densa del mattino era suqarciata dai grugniti metallici delle ruspe che stavano strappando via gli ultimi computer dalla terra. p.163


La copertina (GrafCo3)

lunedì 23 marzo 2009

Atmosfera letale





Bruce Sterling, Atmosfera letale (Heavy Weather, 1994), "Piccola Biblioteca Oscar", 620, Mondadori, 2009, traduzione dall'inglese di Stefano Gardinale, 377 pagine.

Bruce Sterling non è solo un ottimo scrittore che ha rivoluzionato, insieme a William Gibson, la Fantascienza contemporanea. Con i suoi romanzi e gli interventi critici ha portato ad un pieno sviluppo il filone critico della Fantascienza, trasformando il genere, spesso considerato di solo intrattenimento, in uno spazio di critica sociale attuale.
Ha anticipato e analizzato in modo lucido le tematiche della globalizzazione, dell'Informazione e dei cambiamenti climatici non confinandole a sfondo della narrazione ma cercando di correlarle tra loro.
Sterling è uno tra i pochissimi scrittori che oltre a rappresentare gli effetti di una realistica visione catastrofista è stato capace anche di elaborare e proporre definizioni, soluzioni tecnologiche ed ideologiche. Non è un caso, infatti, che i movimenti antagonisti di mezzo mondo, soprattutto quelli focalizzati sulle problematiche legate all'informazione, si siano appropriati di sue creazioni letterarie per definire la loro azione politica o quando hanno avuto bisogno di trovare dei nomi ai loro progetti.

In questo romanzo Sterling si concentra sulle conseguenze dei cambiamenti climatici, sull'instabilità climatica, immaginandosi un nordamerica pieno di profughi per gli effetti devstanti della desertificazione, delle inondazioni e (soprattutto) dei tornado.
Considerando che il libro è stato scritto nel 1994 un decennio prima cioè dello tsunami in Thailandia e della devastazione seminata dall'uragano Katrina a New Orleans non si può non riconoscere a Sterling la capacità di saper azionare una sorta di fast forward sulla realtà contemporanea.

I tornado sono classificati in gradi progessivi di distruttività secondo la Scala di Fujita. Il massimo grado di questa scala corrisponde al livello F5, "Incredibile", con velocità che può andare dai 420 ai 512 Km/h. L'idea di base del racconto è quella di un gruppo di "cacciatori meterologici" che insegue, a scopi scientifico-documentaristici, un tornado di classe F6.

Macchine intelligenti in agguato in tutta la suite, le loro spie di accensione occhietti rossi di pipistrelli nella mezza luce delle persiane chiuse. Macchine accucciate in nicchie nelle pareti bianche di stucco messicano... p.1

La sua carne gli sembrava argilla bagnata, qualcosa di unto e umido e completamente inerte. p.1

«A quel tempo, sai, la gente non riusciva a crederci. Non riuscivano a credere che quest'area enorme dei buoni, vecchi Stati Uniti sarebbe finita abbandonata da tutti, che la gente che si era stabilita in questa terra e l'aveva domata... lo dicevano spesso: "Domare la terra".. che quella gente sarebbe stata spazzata via dalla faccia del pianeta. Voglio dire: non c'erano precedenti. Sembrava assolutamente improbbaile e anomalo.» p.173

«Alex, ci sono due tipi di persone a questo mondo. Le persone che non vogliono sapere, anche se dovrebbero sapere. E le persone che proprio sono costrette a sapere, anche se non farà loro alcun bene.» p.175

«Il confine è fottuto, e il governo è fottuto!» Si tolse la scarpa sinistra e la gettò di lato. «E la società è fottuta, e il clima è davvero fottuto. E i media sono fottuti, e l'economia è fottuta, e le persone più intelligenti al mondo vivono come profughi e criminali!» Strappò il cellofan da un paio di boxer di seta disegnata e vi entrò. «E nessuno ha idea di un modo per migliorare le cose, e non c'è modo di migliorare le cose, e non ci sarà alcun modo, e noi non controlliamo niente di importante delle nostre vite! Ed è così che va oggi, e sì, è divertente!» Fece una risata stridula. «È divertentissimo! E se non ne cogli il lato buffo, non meriti di vivere negli anni 2030.» p.218


Copertina dell'edizione italiana, Art Director: Giacomo Callo, progetto grafico: Wanda Lavizzari Foto Laura Ronchi / Getty Images



Copertina dell'edizione americana Bantam Spectra, 1995



sabato 21 marzo 2009

Philip Kindred Dick

Philip Kindred Dick (Chicago, 16/12/1928 – Santa Ana, CA, 2/3/1982)
Romanzi
1950, Il paradiso maoista (Gather Yourselves Together, 1994)
1952, Voci dalla strada (Voices from the Street, 2007)
1953, Vulcano 3 (Vulcan's Hammer, 1960)
1953, Il dottor Futuro (Dr. Futurity, 1960)
1953, La città sostituita (The Cosmic Puppets, 1957)
1954, Il disco di fiamma aka Lotteria dello spazio (Solar Lottery, 1955)
1954, Mary e il gigante (Mary and the Giant, 1987)
1954, Il mondo che Jones creò aka E Jones creò il mondo (The World Jones Made, 1956)
1955, L'occhio nel cielo (Eye in the Sky, 1957)
1955, Redenzione immorale (The Man Who Japed, 1956)
1956, Il cerchio dei robot (The Broken Bubble, 1988)
1957, In questo piccolo mondo (Puttering About in a Small Land, 1985)
1958, Tempo fuor di sesto aka  Il tempo si è spezzato  aka  L'uomo dei giochi a premio aka  Tempo fuori luogo (Time Out of Joint, 1959)
1958, In terra ostile (In Milton Lumky Territory, 1985)
1959, Confessioni di un artista di merda (Confessions of a Crap Artist, 1975)
1960, L'uomo dai denti tutti uguali (The Man Whose Teeth Were All Exactly Alike, 1984)
1960, Lo stravagante mondo di Mr. Fergesson (Humpty Dumpty in Oakland, 1986)
1961, La svastica sul sole aka L'uomo nell'alto castello (The Man in the High Castle, 1962)
1962, L'Androide Abramo Lincoln aka A. Lincoln, Androide (We Can Build You, 1972)
1962, Noi marziani (Martian Time-Slip, 1964)
1963, Cronache del dopobomba (Dr. Bloodmoney, or How We Got Along After the Bomb, 1965)
1963, I giocatori di Titano (The Game-Players of Titan, 1963)
1963, I simulacri (The Simulacra, 1964)
1963, Svegliatevi, dormienti aka  Vedere un altro orizzonte (The Crack in Space, aka Cantata-140, 1966)
1963, Illusione di potere  (Now Wait for Last Year, 1966)
1964, Follia per sette clan (Clans of the Alphane Moon, 1964)
1964, Le tre stimmate di Palmer Eldritch (The Three Stigmata of Palmer Eldritch, 1965)
1964, Mr. Lars, sognatore d'armi aka Il sognatore d'armi (The Zap Gun, 1967)
1964, La penultima verità (The Penultimate Truth, 1964)
1964, Deus Irae con Roger Zelazny (Deus irae, 1976)
1964, Utopia, andata e ritorno aka Menzogne S.p.A. (The Unteleported Man aka  Lies, Inc.,1966)
1965, L'ora dei grandi vermi aka La conquista di Ganimede con Ray Nelson (The Ganymede Takeover, 1967)
1965, In senso inverso aka  Redivivi S.p.A. aka Ritorno dall'aldilà (Counter-Clock World, 1967)
1966, Il cacciatore di androidi aka Cacciatore di androidi aka Ma gli androidi sognano pecore elettriche? aka Blade Runner (Do Androids Dream of Electric Sheep?, 1968)
1966, Nick e il Glimmung (Nick and the Glimmung, 1968)
1966, Ubik, mio signore aka  Ubik (Ubik, 1969)
1968, Guaritore galattico aka Giù nella cattedrale (Galactic Pot-Healer, 1969)
1968, Labirinto di morte (A Maze of Death, 1970)
1969, Nostri amici da Frolix 8 aka I nostri amici di Frolix 8 aka Amici di Frolix 8 (Our Friends from Frolix 8, 1970)
1970, Scorrete lacrime, disse il poliziotto aka Episodio temporale (Flow My Tears, The Policeman Said, 1974)
1973, Un oscuro scrutare aka  Scrutare nel buio (A Scanner Darkly, 1977)
1976, Radio libera Albemuth (Radio Free Albemuth, 1985)
1978, Valis (VALIS, 1981)
1980, Divina invasione (The Divine Invasion, 1981)
1981, La trasmigrazione di Timothy Archer (The Transmigration of Timothy Archer, 1982)
1982, The Owl in Daylight



Raccolte di racconti
1955, A Handful of Darkness
1956, L'uomo variabile (The Variable Man)
1969, The Preserving Machine
1973, The Book of Philip K. Dick aka The Turning Wheel and Other Stories (1977)
1977, The Best of Philip K. Dick
1980, The Golden Man
1984, Robots, Androids, and Mechanical Oddities
1985, I Hope I Shall Arrive Soon
1987, The Collected Stories of Philip K. Dick
1988, Beyond Lies the Wub
1989, Second Variety
1989, The Father-Thing
1990, The Days of Perky Pat
1990, The Little Black Box
1990, The Short Happy Life of the Brown Oxford
1990, We Can Remember It for You Wholesale
1991, The Minority Report
1991, Second Variety
1992, The Eye of the Sibyl
1997, The Philip K. Dick Reader
2002, Minority Report
2002, Selected Stories of Philip K. Dick
2004, Paycheck
2006, Vintage PKD
2009, The Early Work of Philip K. Dick, Volume One: The Variable Man & Other Stories.
2009, The Early Work of Philip K. Dick, Volume Two: Breakfast at Twilight & Other Stories
2013, The Best of Philip K. Dick.

Non-fiction
1978, Come costruire un universo che non cada a pezzi dopo due giorni (How To Build a Universe That Doesn’t Fall Apart Two Days Later)
1988, La ragazza dai capelli scuri (The Dark Haired Girl, 1988)
1995, The Shifting Realities of Philip K. Dick: Selected Literary and Philosophical Writings
2011, The Exegesis of Philip K. Dick

giovedì 19 marzo 2009

Aurora Boreale





Drago Jančar, Aurora Boreale (Severni sij, 1984), "Narratori Stranieri", Bompiani, 2008, introduzione di Claudio Magris, traduzione dallo sloveno di Darja Betocchi e Enrico Lenaz, 277 pagine.

[coming soon...]

La copertina dell'edizione italiana, Salvatore Fragola, Aurora Boreale, progetto grafico Polystudio.



domenica 15 marzo 2009

Per cosa si uccide




I famosi fenicotteri rosa di Villa Invernizzi a Milano, foto di Kurtzing

Gianni Biondillo, Per cosa si uccide, "TEADUE", 1317, TEA, Milano, 2006, 285 pagine.

Dentro le trame verosimili del noir Biondillo indaga sui motivi che spingono gli uomini ad uccidere. La morte si declina nelle sue stagioni e tramite episodi, per nulla didascalici, si compone la storia umana dell'ispettore Michele Ferraro, qui alla sua prima apparizione. Appare chiaro comunque che l'Autore avesse già in mente parte della storia complessiva del suo ispettore prima di scrivere i tre romanzi che ne compongono, finora, l'epopea; alcuni riferimenti alla gioventù del protagonista, infatti, che troveranno spiegazione nel romanzo Il giovane Sbirro qui sono delineati già in maniera precisa.
Poco tempo fa, ascoltando un dibattito a Sabato Libri, trasmissione di Radio Popolare, esperti della narrativa gialla lamentavano il fatto che in Italia manchi completamente il noir metropolitano, anche perché, sostenevano, in Italia non ci sono metropoli paragonabili a quelle in cui si muovono i personaggi di Chandler.
Non entro nel merito del posizionamento di Milano nella graduatoria delle metropoli mondiali ma, la città che descrive Biondillo (e in cui vivo da quando sono nato) è lo specchio esatto di Milano, con i suoi pregi e i suoi (moltissimi) difetti. I personaggi che compaiono nel romanzo sono uguali alle persone che si potrebbero incontrare per strada uscendo a prendere le sigarette.


Non date retta a chi decanta le gioie di una estate in città. Milano, senza i suoi abitanti, semplicemente non ha senso. Senza il viaviai, senza le incazzature, i furgoncini degli artigiani in seconda fila e le macchine delle sciure che portano i figli all'asilo in terza, senza le polveri sottili, la metropolitana nelle ore di punta, senza gli impiegati e i mendicanti, senza tutto ciò, è come se perdesse la terza dimensione. Il quadretto idiliaco di chi ti propone le passeggiate in centro, come un turista, a visitare musei, che il resto dell'anno non riesci mai a vedere perché sei preso dal lavoro. è falso e pure un po' snob. Chi lodice quasi sempre è uno che è appena tornato dalle isole Molucche e ha già il biglietto d'aereo pronto per fare un salto in Venezuela a trovare dei vecchi compagni di classe che da quelle parti hanno fatto una fortuna vendendo mine antiuomo. p.16

Ci sono zone di Milano dove non sei a Milano, sei in un'altra città, in un altro mondo. Luoghi incontaminati, dove non passa una macchina, pieni di verde e bambini che giocano. Un crocicchio di strade che sembrano stringersi per farsi forza, mai attaccate dai piani regolatori del Beruto, di Pavia e Masera, e meno che mai dal piccone del risanatore e fascistissimo del piano Albertini.
Per quelle strade sembra di camminare in un paese, o tutt'al più in una piccola capitale di provincia. tutti si conoscono, si salutano, il panettiere ti porta la spesa a casa, le mamme vanno in bicicletta a fare le loro commissioni. [...]
Puoi aver vissuto tutta la vita a Milano e non aver mai visto questi posti. Non ci capiterai mai, non c'è nessuna ragione per la quale tu debba passare di lì, e se lo fai non te ne accorgi: da fuori i palazzi nascondano, alzi occultano, la loro bellezza. Se vi capita una mattina di passare per queste vie dalla toponomastica incredibile (condottieri medievali, poeti risorgimentali, geologi marini, come se le lapidi dei nomi delle vie fossero quasi i ritratti di famiglia appesi sui muri di casa) se vi capita, dicevo, e uno dei portoni è aperto perchè il custode sta spazzando l'atrio, buttateci un occhio dentro e meravigliatevi. [...] Là vivono i ricchi. p.33-34

«[...] Però negli affari ci sapeva fare, aveva personalità. Solo che lui scambiava per rispetto il timore che incuteva. A modo suo era un illuso.» p.37

L'autunno è la stagione eterna di Milano. Il cielo si fa grigio e pare restare così per sempre. Una carrettata di foglie arrugginite invade i marciapiedi, residuo di un'antica abitudine al ciclo delle stagioni senza più senso. Ferraro tornando verso il commissariato ci fece caso, così come fece caso al fatto che ci fece caso. p.41

Gli agenti immobiliari sembrano tutti dei killer. Prendono il loro vestito della cresima e lo trasformano in una uniforme. Lo fanno perchè così credono di sembrare persone più attendibili, degne di fede. Poi però se li guardi in faccia ti spaventi. C'è chi si mette ancora l'orecchino, chi gli occhiali a specchio, chi ha la faccia butterata, chi ancora si tinge i capelli di biondom chi tutte queste cose insieme.
Sono la feccia, i peggiori della classe, quelli che non sono mai riusciti ad entrare in banca oppure in un ufficio e non hanno nessuna volgia di andare a lavorare in fabbrica. [...] Tra l'altro sono di una incompetenza inammissibile, si vede benissimo che non capiscono nulla di quello che ti stanno vendendo. Se chiedi l'altezza di un locale come minimo te la sbagliano di mezzo metro, un appartmaneto di sessanta metri quadrati diventa nelle loro melliflue parole di cento.
Ferraro li odiava dal giorno che dovette comprare casa con la sua ormai ex moglie. Trovava assurdo che guadagnassero sia su chi vende sia su chi compra. [...] Conosceva ormai alla perfezione il loro linguaggio cifrato : «appartamento vecchia Milano» è in realtà un rudere che cade a pezzi in una casa di ringhiera di periferia; «ottimo investimento» è la nuda proprietà di un appartamento dove c'è una coppia di affittuari a equo canone che moriranno come minimo fra quarant'anni, «soluzione originale» è un monolocale soppalcato abusivamente dove per andare a dormire devi usare una scala di corde e il bagno è in piccionaia. p.42

Ci sono voluti centinaia di migliaia di anni di evoluzione affinché l'uomo si ergesse e camminasse a due zampe. Anche l'atto sessuale si adeguò all'evoluzione. In un certo senso il sesso umano è qualcosa di innaturale, un artificio. Un magnifico gioco, il miglior divertimento che maschera, in fondo, la vera ragione, cioè l'atto riproduttivo, per trasformarlo in un atto a sè stante, autoreferenziale, Ma la pecora no. È perdere tutto ciò, è sprofondare indietro di un milione di anni, è pura animalità. p.61

«Per cosa si uccide, allora?»
«Non lo so, è lei l'esperto, me lo dica lei per cosa si uccide...»
«Si uccide per i soldi e per il sesso, in buona sostanza si uccide per il potere.»
«E chi uccide per la patria, per gli ideali?»
«La solfa è sempre quella. La prevaricazione, il potere.» p.71

Si uccide perché qualcuno non ti ha permesso di godere del più puro di ogni amore. Anche per questo si uccide. Si uccide per odio, e anche per amore. p.87

Diciamoci la verità, questa città non la ma più nessuno. Tutti, per primi gli stessi milanesi, la vedono brutta, insopportabile, grigia senza storia. Una volta non era così: ci fu un momento, dopo la guerra, dove ognuno si sentiva parte attiva di un motore più grande, tutti tesi fino allo spasimo per migliorare il loro futuro e il futuro di questa città. p.139

I milanesi sono strani. Hanno nostalgia solo delle cose che distruggono. Hanno tombinato tutti i Navigli e ora li piangono. È per questo forse che amano stare seduti sul ciglio della «torta della sposa» a bagnarsi le mani. È la loro reminescenza di una città d'acqua, una Venezia nel cuore della pianura, che riemerge dal profondo delle loro viscere. p.140

Si, l'idea del museo era buona. nessuno sarebbe mai andato a cercarlo in un posto del genere. Poi l'Archeologico è uno dei musei più deprimenti di Milano, sempre costantemente vuoto. Non tanto perché manchini pezzi di buona qualità, ma perché a nessuno viene in mente che Milano possa avercelo, un passato da archeologizzare. Così le vestigia di quella che fu per alcuni anni la capitale dell?impero Romano (già, chi l'avrebbe mai detto?) se ne stanno per i fatti loro, senza che nessuno disturbi il loro sonno eterno. p.146

Ferraro avrebbe voluto farsi speleologo e visitare il centro della terra. p.157

Tutto in gio era un fiorire di seni. A primavera, senza nessun preavviso, le ragazze di Milano si spogliano determinando un'improvvisa iperattività delle cornee dell'altra metà del cielo meneghino. C'è da chiedersi dove stiano d'inverno tutte quelle braccia, quei seni, quelle gambe; dove si rifugiano, dove vanno in letargo... perché non è possibile che all'improvviso sbuchino fuori in quel modo lasciandoti completamente interdetto, incapace di reagire in un modo minimamente sensato. Forse guardano le previsioni in tivù e poi si telefonano alla sera, o si mandano messaggi via Internet, o al telefonino, non si sa.
Sta di fatto che di botto, dalla sera alla mattina, Milano diventa un'immensa passerella dove le ragazze sfilano, un apiù bella dell'altra.
Perché a Milano le donne sono belle. Un po' è per il sangue che si è mischiato, rinvigorendo una razza fin troppo nebbiosa e algida, un po' perché qui girano un sacco di soldi. p.195


La copertina dell'edizione TEADUE, foto Luciano Soave (Azibul), Grafica Studio Baroni, 2008



La copertina della prima edizione, Guanda, 2004.



sabato 14 marzo 2009

Il paradiso maoista




Ingresso dell'Esercito Popolare a Pechino, 1949


Philip K. Dick, Il paradiso maoista (Gather Yourselves Together, 1994), "Collezione Philip K. Dick", Fanucci, Roma, 2007, Introduzione e cura di Carlo Pagetti, traduzione dall'inglese di Giuseppe Costigliola, 364 pagine.

Il Paradiso Maoista è il primo romanzo di Philip K. Dick, scritto, quand'era poco più che ventenne, tra il 1948 e il 1950 e pubblicato postumo nel 1994. La storia è ambientata in una "stazione" della "Compagnia", un'ipotetica concessione americana nella Cina del 1949, nei primi giorni della Repubblica Popolare Cinese. Tre uomini vengono lasciati soli in un enorme colonia industriale per custodirla fino all'arrivo dei cinesi.
In effetti, il romanzo è composto da due storie parallele che solo la presenza degli stessi personaggi sembra intrecciare. Nella storia di ambientazione "americana", nella descrizione del primo incontro tra Barbara Mahler e Verne Tildon si possono rintracciare le velleità di Dick, ventenne, di comporre un romanzo americano realista e contemporaneo, con una vena in parte autobiografica (Teddy, l'amante di Verne, rappresenta la prima incarnazione di un personaggio femminile destinato a ritornare spesso nell'opera dello scrittore e per cui non è azzardato pensare al riflesso di esperienze personali).
La parte più interessante è però quella sospesa, irreale e straniante (e quindi un po' fantascientifica) ambientata nella Stazione. Il personaggio di Carl Fitter, coetaneo dello scrittore, esplora il mondo abbandonato e surreale del complesso industriale e contemporaneamente cerca di conoscere Barbara, di cui s'innamora.
La narrazione a un certo punto sembra sfaldarsi, come se il disegno originario che lo scrittore aveva in mente non riesca a compiersi. Il titolo originale, che si potrebbe tradurre approssimativamente con "Riunitevi insieme", sembra, a un certo punto, diventare l'incitamento dello scrittore ai suoi stessi personaggi, che lo assecondano però solo in parte, come se il tentativo di rimediare, in quella terra desolata, agli errori del passato non fosse, in fondo, possibile.
Slegato dal flusso principale degli eventi la metafora inquietante della nuova società maoista come un nuovo cristianesimo, contenuta nelle parole di Harry Liu, sembra prefigurare gli universi distopici che Dick produrrà, quasi in serie, negli anni successivi.


Sai come appare il panorama qui, senza nebbia. Sembra la discarica di una città. O meglio, il cortile interno di qualche vecchio fabbricato. Questo è il cortile interno del mondo. Dappertutto montagne di rifiuti in attesa di essere smaltiti. p.26

Sulle pareti vi erano ancora segni dell'infinità di poster e di cartelli che vi erano stati attaccati col nastro adesivo. Ne rimaneva solo uno.

VIETATO FUMARE SE NON AUTORIZZATI

'Se lo dici tu' aveva aggiunto qualcuno a matita sotto la scritta. p.31

Cominciava a inquadrare quella ragazza. Si sentì più tranquillo. Per lui le donne non esistevano in quanto essere individuali, da comprendere singolarmente, ma come tipologie psicologiche. Una volta classificata la donna che aveva di fronte, era più semplice elaborare la strategia per conquistarla. p.49

Avevano tutto; quei tre sopravvissuti adesso possedevano quel che per secoli migliaia di uomini avevano bramato. Erano i padroni assoluti di ogni cosa: terra, immobili, provviste, documenti... L'intera Stazione apparteneva a loro. p.72

Continuò la perlustrazione. Si avvicinò ai vecchi macchinari accatastati. Torri imponenti svettavano a perdita d'occhio nella nebbia. Nell'oscurità sembravano che fossero state gettate lì alla rinfusa, precipitate da qualche struttura cosmica. O forse erano le fondamenta di nuove costruzioni che non avrebbero mai visto la luce, lasciate ad arrugginire nelle brume. p.75

Continuavano a camminare. Sopra di loro era scomparsa anche l'ultima stella, divorata dall'enorme vastità del continente grigio ammassato nel cielo. Come era possibile? Come poteva essere che giganteschi soli fiammeggianti, del diametro di migliaia di chilometri, masse roventi più grandi della Terra venissero fagocitate e assorbite da una minuscola, insignificante nuvola? Tutto stava scomparendo, tutto svaniva. Intorno a lui il mondo si dissolveva in una nebbia oscura, le stelle, gli alberi, i fogli di giornale e i rifiuti vorticanti nel vento.
E anche lui. p.116

«Be', è questo il nostro mondo» spiego Carl indicando le montagne che circondavano la proprietà della Compagnia. «Che ne sappiamo di loro? Non fanno parte del mio mondo, né del tuo, no? Come la luna. La puoi vedere, ma non è la stessa cosa che viverci. Si può credere in qualcosa di simile a un disegno appeso nel cielo chissà da chi? In realtà, il nostro mondo finisce dove cominciano quelle montagne. Ai confini della proprietà della Compagnia.»
«Dici sul serio?»
Carl scoppio a ridere, scalciando delle pietre. «Oggi sono incline a queste fantasticherie. Comunque è così, il mondo termina laggiù, e noi ne possediamo ogni centimetro. È nostro.» p.168

«Devi adattarti. Renditi conto che è tutto finito. La vita di un tempo non esiste più.»
«Già.»
«Questo è il momento cruciale. Bisogna decidere. ci siamo liberati del vecchio modo di vivere. Abbiamo abbandonato un mondo agonizzante. Adesso ci troviamo su un precipizio, a guardarci intorno. Come granchi che cambiano guscio.»
«Quali granchi?»
«Non lo so. L'ho letto da qualche parte. Ne esiste una varietà che va alla ricerca di gusci vuoti. Dopo un po' si stancano di quello che li riveste e ne cercano un altro.» p.198


La copertina dell'edizione italiana, illustrazione di Antonello Silverini



Prima edizione americana della WCS Books grafica di James "Kibo" Parry, 1994

lunedì 9 marzo 2009

Una solitudine troppo rumorosa

il futuro dell'umanità è una libreria



Pieter Bruegel il Vecchio, La strage degli inoccenti, 1567 ca., Kunsthistorisches Museum, Vienna

... quel lavoro era la strage degli innocenti, così come l'ha dipinta Pieter Breughel, con quella stampa la settimana precedente avevo ricoperto tutti i pacchi.


Rembrandt, Il festino di Baltassar, 1636 olio su tela, National Gallery, Londra.

Mi venne in mente un celebre quadro di Rembrandt che raffigura il re dei babilonesi a cui appare sul muro la scritta di fuoco "Me ne tekel ufares" ("Sei stato pesato e trovato leggero" o qualcosa del genere). Il re è al centro di una tavolata, ha la corona un po' a sghimbesco sull atesta. La sua espressione da ubriaco è di vuoto stupore, di una sostanziale ignoranza del proprio destino; quel re appare davvero come simbolo di tutta l'umanità, disarmata e stupida di fronte al mistero. VIII (G. Pressburger)

Bohumil Hrabal, Una solitudine troppo rumorosa (Inzerát na dûm, ve ktrerém už nehci bydlet, 1965), "ET Scrittori", 621, Einaudi, 2002, Traduzione dal ceco e cura di Sergio Corduas, prefazione di Giorgio Pressburger, 118 pagine.




Quella volta, mentre pressavo alla mia pressa meccanica dei bei libri, quando la pressa trillò nell'ultima fase triturando i libri con la forza di venti atmosfere, sentii la tritatura di ossa umane, come se stessi stritolando in un macinino a mano, i cranii e le ossa dei classici triturati nella pressa, come se stessi pressando la frase del Talmud: siamo come olive, soltanto quando veniamo schiacciati esprimiamo il meglio di noi. p.13

Allora arrancai per le scale, per un attimo camminai a tre zampe, in qualche modo mi girava la testa per quella mia solitudine troppo rumorosa ... p.38

I cieli non sono umani e la vita sopra di me e sotto di me e dentro di me neppure. p.43

E quelle frasi mi scioccavano a tal punto che correvo sotto il lucernario e guardavo in alto la frazione stellata del cielo e poi continuavo a gettare nel tino con la forca la schifosa carta con le famiglie di topi avvolti in una specie di ovatta, una bambagina, ma chi imballa carta vecchia non è umano, così come i cieli, in realtà quello che facevo, quel lavoro qualcuno doveva farlo, quel lavoro era la strage degli innocenti, così come l'ha dipinta Pieter Breughel, con quella stampa la settimana precedente avevo ricoperto tutti i pacchi [...] p.47

E così lavoravo e adornavo tomboline di topi, e intanto correvo via a leggermi la Teoria dei Cieli, mettevo in bocca una frasetta alla volta come una mentina, e così lavorando ero ricolmo di incommensurabile grandezza e infinita moltitudine e bellezza che sprizzava adosso a me da tutti i lati, cielo stellato dal lucernario con buco sopra di me, guerra e battaglia dei due clans si surmolotti in tutte le fogne e le cloache della capitale Praga sotto di me [...] p.47-8

Appoggiato al banco della vetrina aperta del buffè della Birreria nera bevo la dieci gradi di Popovice, mi dico, da questo momento, amico, devi essere solo in tutto, devi costringerti da solo ad andare fra la gente, devi divertirti da solo, perché da ora circolano solo circonferenze malinconiche, e così vai avanti e contemporaneamente torni indietro, sì, il progressus ad originem è il regressus ad futurum, il tuo cervello non è nulla più che pensieri pressati da una pressa meccanica. p. 79


La copertina dell'edizione Einaudi ET, 2002

venerdì 6 marzo 2009

Cocaine Nights

Quasi invisibile a prima vista, la gente sedeva sulle terrazze e nei patios, guardando verso un orizzonte inesitente, come figure in un quadro di Edward Hopper


Edward Hopper, People in the Sun, 1960, Smithsonian American Art Museum.


James Graham Ballard, Cocaine Nights (Cocaine Nights, 1996), "Universale Economica Feltrinelli", 2015, Feltrinelli, Milano, 2008, traduzione dall'inglese di Antonio Caronia, 292 pagine.

Ricetta per scrivere un libro di Ballard

Prendere uno scrittore talentuoso, ossessionato dai cambiamenti sociologici in atto. Ambientare la storia in un luogo esclusivo frequentato da ricchi professionisti annoiati.
Aggiungere un uomo sui quarantacinque anni, atletico, carismatico, profondamente psicopatico che guida macchine sportive e indossa qualche capo d'abbigliamento da aviatore. Aggiungere uno psicologo o uno psichiatra. Aggiungere una giovane dottoressa confusa e ambigua ed incline alla promiscuità sessuale.
Amalgamare l'impasto aggiungendo elementi di devianza, sociopatia, violenza, droghe e pornografia. Lasciare macerare il tutto.
Una volta macerato aggiungere a velo un testimone esterno, mescolare lentamente per circa duecento pagine e correggere, all'evenienza, con piccole prese di sociologia espressa...

Intendiamoci. Se vi capitasse di leggere uno qualsiasi degli ultimi romanzi di Ballard (da Crash in poi), senza aver letto gli altri, probabilmente vi colpirebbe per la profonda e visionaria lucidità con cui analizza alcuni aspetti della socialità umana.
Il problema è che sembra che lo scrittore inglese stia cercando di comporre il "romanzo definitivo" a cui si sta avvicinando per tentativi e bozze...

Gibilterra, come la Costa del Sol, non faceva per me.
Preferisco i lunghi voli a Djakarta o Papeete, ore e ore di viaggio in club class che mi fanno sentire di avere ancora una destinazione, mi fanno vivere la grande, indistrutibile, illusione del viaggio aereo. In realtà ce ne stiamo seduti in un piccolo cinema, a guardare dei film, sfocati, come le nostre speranze di scoprire qualcosa di nuovo. Arriviamo a un aeroporto identico a quello da cui siamo partiti, con le stesse agenzie di autonoleggio, le stese stanze d'albergo con i itelevisorti sintonizzati sui caali di film per adulti, gli stess bagni asettici, cappelle in cui si celebra quella religone laica che è il turismo di massa. p.8

Lungo le coste del Mediterraneo, in genere, i monti scendono direttamente sul mare, come sulla Costa Azzurra o sulla riviera ligure, attorno a Genova, e le città turistche sono annidate al centro di piccole baie riparate. Ma la Costa del Sol ignora persino i rudimenti del fascino dell'architettura naturale. p.13

Quasi invisibile a prima vista, la gente sedeva sulle terrazze e nei patios, guardando verso un orizzonte inesitente, come figure in un quadro di Edward Hopper. p.30

Il pettegolezzo era così denso che sembrava posarsi pesante sulla superficie dell'acqua, e l'indiscrezione la faceva da padrona mentre le signore relazionavano allegramente sui fatti e i misfatti della notte che era appena trascorsa. p.37

Gli uomini egoisti sono gli amanti migliori. Sanno investire sul piacere della donna, in modo da poter riscuotere un dividendo ancora più grandi per se stessi. p.108

Il crimine, e il comportamento trasgressivo... e con questo termine intendo tutte quelle attività che non sono necessariamente illegali, ma che ci provocano, che soddisfano il nostro bisogno di emozioni forti, ci scuotono il sistema nervoso e fanno saltar le sinapsi indebolite dall'ozio e dall'inattività. p.163

"Dio me ne scampi... ho l'impressione che la felicità costituisca un'infrazione ai regolamenti, qui." p.191

"Tante piscine, " commentai, "e nessuno che nuota..."
"Sono superfici zen, Charles. Perforarle porta male. p.191

"[...] Mai un pensiero illecito disturba la pace. Niente turisti, niente campeggiatori o venditori ambulanti, e visitatori molto pochi: la gente qui ha imparato che è un bell'aiuto poter fare a meno degli amici. Siamo sinceri, gli amici possono essere un problema: bisogna aprire cancelli e portoni, disattivare sistemi d'allarme, e c'è qualcun altro che respira la tua aria. E poi gli amici portano dentro ricordi spiacevoli del mondo esterno." p.191

"La Costa del Sol è il più lungo pomeriggio del mondo, e hanno deciso di trascorrerlo dormendo." p.197

"Il paesaggio urbano sta cambiando, il progetto di una città aperta appartiene al passato: niente più ramblas, niente più isole pedonali, niente più rive sinistre e quartieri latini. Stiamo entrando nell'era delle griglie di sicurezza e degli spazi difendibili. E sono le telecamere di sorveglianze a organizzare le nostre vite. La gente chiude le porte e spegne il proprio sistema nervoso." p.197

"Bobby, sei un messia di nuovo tipo", gli dicevo spesso.
"Sei l'imam del porticciolo, lo Zoroastro dell'ombrellone..." p.257

"[...] Non me ne frega niente di quanti corsi di scultura ci sono, l'importante è che la gente ha ricominciato a pensare, che tutti guardano con sioncerità a quello che sono. Stanno costruendo un mondo che significa qualcosa , non stanno solo mettendo nuove serrature al portone. Dovunque giri lo sguardo, in Inghilterra, negli Stati Uniti, nell'Europa occidentale, la gente si chiude dentro delle enclave a prova di crimine. È un errore: un certo grado di criminalità fa parte della necessaria durezza della vita. La sicurezza totale è una malattia, uno stato di deprivazione sensoriale". p.261

D'ora in poi anche le copertine dell'edizione che ho letto, come da prezioso suggerimento di verythankyou...



martedì 3 marzo 2009

Il castello bianco




Maometto IV, "il cacciatore" (Mehmed IV, Avgí), anonimo siriano, ca 1682.


Orhan Pamuk, Il castello bianco (Beyaz Kale, 1979), "Super ET", Einaudi, Torino, 2006, traduzione di Giampiero Bellingeri, 173 pagine.

[coming soon...]

È risaputo che non si dà una esistenza predeterminata e che tutto quanto accade in fondo non cotituisce che una catena di combinazoni. Eppure, con tutto ciò, persino quelli a conoscenza di tale verità, volgendosi in un certo periodo dela loro vita a riconsiderar l'esitenza, decidono che ciascuna delle vicende da loro vissute quali eventi fortuiti rappresenta invece una necessità. p.9

E così , cominciammo a lavorare, da buoni studenti, da buoni fratelli che studiano addrittura quando sanno che in casa non ci sono i grandi a sentirli attraverso la porta socchiusa. p.28

Lui non la temeva, la peste, ché la malattia era da Dio predestinata; se all'uooo era prescritto di morire, moriva; era dunque vano, quel mio arrabattarmi, tappandomi in casa e troncando le relazioni con l'esterno, ocercando di scappare da Istanbul: se così stava scritto, la morte sarebbe venuta a coglierci fin laggiù. A che tanta paura? Per quelle colpe che da giorni stendevo sulla carta? p.69

Come in quegli stupidi, soddisfatti della propria vita, de mondo e di sé, nel mio sguardo s'era insinuata una voluttà triviale. Ma lo sapevo: nella mia nuova condizione io mi trovavo bene. E tacqui. p.123


Copertina dell'edizione italiana, Super ET, Einaudi, Progetto Grafico 46xy:



Copertina dell'edizione turca, İletişim Yayınları, 1985: