domenica 15 marzo 2009

Per cosa si uccide




I famosi fenicotteri rosa di Villa Invernizzi a Milano, foto di Kurtzing

Gianni Biondillo, Per cosa si uccide, "TEADUE", 1317, TEA, Milano, 2006, 285 pagine.

Dentro le trame verosimili del noir Biondillo indaga sui motivi che spingono gli uomini ad uccidere. La morte si declina nelle sue stagioni e tramite episodi, per nulla didascalici, si compone la storia umana dell'ispettore Michele Ferraro, qui alla sua prima apparizione. Appare chiaro comunque che l'Autore avesse già in mente parte della storia complessiva del suo ispettore prima di scrivere i tre romanzi che ne compongono, finora, l'epopea; alcuni riferimenti alla gioventù del protagonista, infatti, che troveranno spiegazione nel romanzo Il giovane Sbirro qui sono delineati già in maniera precisa.
Poco tempo fa, ascoltando un dibattito a Sabato Libri, trasmissione di Radio Popolare, esperti della narrativa gialla lamentavano il fatto che in Italia manchi completamente il noir metropolitano, anche perché, sostenevano, in Italia non ci sono metropoli paragonabili a quelle in cui si muovono i personaggi di Chandler.
Non entro nel merito del posizionamento di Milano nella graduatoria delle metropoli mondiali ma, la città che descrive Biondillo (e in cui vivo da quando sono nato) è lo specchio esatto di Milano, con i suoi pregi e i suoi (moltissimi) difetti. I personaggi che compaiono nel romanzo sono uguali alle persone che si potrebbero incontrare per strada uscendo a prendere le sigarette.


Non date retta a chi decanta le gioie di una estate in città. Milano, senza i suoi abitanti, semplicemente non ha senso. Senza il viaviai, senza le incazzature, i furgoncini degli artigiani in seconda fila e le macchine delle sciure che portano i figli all'asilo in terza, senza le polveri sottili, la metropolitana nelle ore di punta, senza gli impiegati e i mendicanti, senza tutto ciò, è come se perdesse la terza dimensione. Il quadretto idiliaco di chi ti propone le passeggiate in centro, come un turista, a visitare musei, che il resto dell'anno non riesci mai a vedere perché sei preso dal lavoro. è falso e pure un po' snob. Chi lodice quasi sempre è uno che è appena tornato dalle isole Molucche e ha già il biglietto d'aereo pronto per fare un salto in Venezuela a trovare dei vecchi compagni di classe che da quelle parti hanno fatto una fortuna vendendo mine antiuomo. p.16

Ci sono zone di Milano dove non sei a Milano, sei in un'altra città, in un altro mondo. Luoghi incontaminati, dove non passa una macchina, pieni di verde e bambini che giocano. Un crocicchio di strade che sembrano stringersi per farsi forza, mai attaccate dai piani regolatori del Beruto, di Pavia e Masera, e meno che mai dal piccone del risanatore e fascistissimo del piano Albertini.
Per quelle strade sembra di camminare in un paese, o tutt'al più in una piccola capitale di provincia. tutti si conoscono, si salutano, il panettiere ti porta la spesa a casa, le mamme vanno in bicicletta a fare le loro commissioni. [...]
Puoi aver vissuto tutta la vita a Milano e non aver mai visto questi posti. Non ci capiterai mai, non c'è nessuna ragione per la quale tu debba passare di lì, e se lo fai non te ne accorgi: da fuori i palazzi nascondano, alzi occultano, la loro bellezza. Se vi capita una mattina di passare per queste vie dalla toponomastica incredibile (condottieri medievali, poeti risorgimentali, geologi marini, come se le lapidi dei nomi delle vie fossero quasi i ritratti di famiglia appesi sui muri di casa) se vi capita, dicevo, e uno dei portoni è aperto perchè il custode sta spazzando l'atrio, buttateci un occhio dentro e meravigliatevi. [...] Là vivono i ricchi. p.33-34

«[...] Però negli affari ci sapeva fare, aveva personalità. Solo che lui scambiava per rispetto il timore che incuteva. A modo suo era un illuso.» p.37

L'autunno è la stagione eterna di Milano. Il cielo si fa grigio e pare restare così per sempre. Una carrettata di foglie arrugginite invade i marciapiedi, residuo di un'antica abitudine al ciclo delle stagioni senza più senso. Ferraro tornando verso il commissariato ci fece caso, così come fece caso al fatto che ci fece caso. p.41

Gli agenti immobiliari sembrano tutti dei killer. Prendono il loro vestito della cresima e lo trasformano in una uniforme. Lo fanno perchè così credono di sembrare persone più attendibili, degne di fede. Poi però se li guardi in faccia ti spaventi. C'è chi si mette ancora l'orecchino, chi gli occhiali a specchio, chi ha la faccia butterata, chi ancora si tinge i capelli di biondom chi tutte queste cose insieme.
Sono la feccia, i peggiori della classe, quelli che non sono mai riusciti ad entrare in banca oppure in un ufficio e non hanno nessuna volgia di andare a lavorare in fabbrica. [...] Tra l'altro sono di una incompetenza inammissibile, si vede benissimo che non capiscono nulla di quello che ti stanno vendendo. Se chiedi l'altezza di un locale come minimo te la sbagliano di mezzo metro, un appartmaneto di sessanta metri quadrati diventa nelle loro melliflue parole di cento.
Ferraro li odiava dal giorno che dovette comprare casa con la sua ormai ex moglie. Trovava assurdo che guadagnassero sia su chi vende sia su chi compra. [...] Conosceva ormai alla perfezione il loro linguaggio cifrato : «appartamento vecchia Milano» è in realtà un rudere che cade a pezzi in una casa di ringhiera di periferia; «ottimo investimento» è la nuda proprietà di un appartamento dove c'è una coppia di affittuari a equo canone che moriranno come minimo fra quarant'anni, «soluzione originale» è un monolocale soppalcato abusivamente dove per andare a dormire devi usare una scala di corde e il bagno è in piccionaia. p.42

Ci sono voluti centinaia di migliaia di anni di evoluzione affinché l'uomo si ergesse e camminasse a due zampe. Anche l'atto sessuale si adeguò all'evoluzione. In un certo senso il sesso umano è qualcosa di innaturale, un artificio. Un magnifico gioco, il miglior divertimento che maschera, in fondo, la vera ragione, cioè l'atto riproduttivo, per trasformarlo in un atto a sè stante, autoreferenziale, Ma la pecora no. È perdere tutto ciò, è sprofondare indietro di un milione di anni, è pura animalità. p.61

«Per cosa si uccide, allora?»
«Non lo so, è lei l'esperto, me lo dica lei per cosa si uccide...»
«Si uccide per i soldi e per il sesso, in buona sostanza si uccide per il potere.»
«E chi uccide per la patria, per gli ideali?»
«La solfa è sempre quella. La prevaricazione, il potere.» p.71

Si uccide perché qualcuno non ti ha permesso di godere del più puro di ogni amore. Anche per questo si uccide. Si uccide per odio, e anche per amore. p.87

Diciamoci la verità, questa città non la ma più nessuno. Tutti, per primi gli stessi milanesi, la vedono brutta, insopportabile, grigia senza storia. Una volta non era così: ci fu un momento, dopo la guerra, dove ognuno si sentiva parte attiva di un motore più grande, tutti tesi fino allo spasimo per migliorare il loro futuro e il futuro di questa città. p.139

I milanesi sono strani. Hanno nostalgia solo delle cose che distruggono. Hanno tombinato tutti i Navigli e ora li piangono. È per questo forse che amano stare seduti sul ciglio della «torta della sposa» a bagnarsi le mani. È la loro reminescenza di una città d'acqua, una Venezia nel cuore della pianura, che riemerge dal profondo delle loro viscere. p.140

Si, l'idea del museo era buona. nessuno sarebbe mai andato a cercarlo in un posto del genere. Poi l'Archeologico è uno dei musei più deprimenti di Milano, sempre costantemente vuoto. Non tanto perché manchini pezzi di buona qualità, ma perché a nessuno viene in mente che Milano possa avercelo, un passato da archeologizzare. Così le vestigia di quella che fu per alcuni anni la capitale dell?impero Romano (già, chi l'avrebbe mai detto?) se ne stanno per i fatti loro, senza che nessuno disturbi il loro sonno eterno. p.146

Ferraro avrebbe voluto farsi speleologo e visitare il centro della terra. p.157

Tutto in gio era un fiorire di seni. A primavera, senza nessun preavviso, le ragazze di Milano si spogliano determinando un'improvvisa iperattività delle cornee dell'altra metà del cielo meneghino. C'è da chiedersi dove stiano d'inverno tutte quelle braccia, quei seni, quelle gambe; dove si rifugiano, dove vanno in letargo... perché non è possibile che all'improvviso sbuchino fuori in quel modo lasciandoti completamente interdetto, incapace di reagire in un modo minimamente sensato. Forse guardano le previsioni in tivù e poi si telefonano alla sera, o si mandano messaggi via Internet, o al telefonino, non si sa.
Sta di fatto che di botto, dalla sera alla mattina, Milano diventa un'immensa passerella dove le ragazze sfilano, un apiù bella dell'altra.
Perché a Milano le donne sono belle. Un po' è per il sangue che si è mischiato, rinvigorendo una razza fin troppo nebbiosa e algida, un po' perché qui girano un sacco di soldi. p.195


La copertina dell'edizione TEADUE, foto Luciano Soave (Azibul), Grafica Studio Baroni, 2008



La copertina della prima edizione, Guanda, 2004.



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