sabato 14 marzo 2009

Il paradiso maoista




Ingresso dell'Esercito Popolare a Pechino, 1949


Philip K. Dick, Il paradiso maoista (Gather Yourselves Together, 1994), "Collezione Philip K. Dick", Fanucci, Roma, 2007, Introduzione e cura di Carlo Pagetti, traduzione dall'inglese di Giuseppe Costigliola, 364 pagine.

Il Paradiso Maoista è il primo romanzo di Philip K. Dick, scritto, quand'era poco più che ventenne, tra il 1948 e il 1950 e pubblicato postumo nel 1994. La storia è ambientata in una "stazione" della "Compagnia", un'ipotetica concessione americana nella Cina del 1949, nei primi giorni della Repubblica Popolare Cinese. Tre uomini vengono lasciati soli in un enorme colonia industriale per custodirla fino all'arrivo dei cinesi.
In effetti, il romanzo è composto da due storie parallele che solo la presenza degli stessi personaggi sembra intrecciare. Nella storia di ambientazione "americana", nella descrizione del primo incontro tra Barbara Mahler e Verne Tildon si possono rintracciare le velleità di Dick, ventenne, di comporre un romanzo americano realista e contemporaneo, con una vena in parte autobiografica (Teddy, l'amante di Verne, rappresenta la prima incarnazione di un personaggio femminile destinato a ritornare spesso nell'opera dello scrittore e per cui non è azzardato pensare al riflesso di esperienze personali).
La parte più interessante è però quella sospesa, irreale e straniante (e quindi un po' fantascientifica) ambientata nella Stazione. Il personaggio di Carl Fitter, coetaneo dello scrittore, esplora il mondo abbandonato e surreale del complesso industriale e contemporaneamente cerca di conoscere Barbara, di cui s'innamora.
La narrazione a un certo punto sembra sfaldarsi, come se il disegno originario che lo scrittore aveva in mente non riesca a compiersi. Il titolo originale, che si potrebbe tradurre approssimativamente con "Riunitevi insieme", sembra, a un certo punto, diventare l'incitamento dello scrittore ai suoi stessi personaggi, che lo assecondano però solo in parte, come se il tentativo di rimediare, in quella terra desolata, agli errori del passato non fosse, in fondo, possibile.
Slegato dal flusso principale degli eventi la metafora inquietante della nuova società maoista come un nuovo cristianesimo, contenuta nelle parole di Harry Liu, sembra prefigurare gli universi distopici che Dick produrrà, quasi in serie, negli anni successivi.


Sai come appare il panorama qui, senza nebbia. Sembra la discarica di una città. O meglio, il cortile interno di qualche vecchio fabbricato. Questo è il cortile interno del mondo. Dappertutto montagne di rifiuti in attesa di essere smaltiti. p.26

Sulle pareti vi erano ancora segni dell'infinità di poster e di cartelli che vi erano stati attaccati col nastro adesivo. Ne rimaneva solo uno.

VIETATO FUMARE SE NON AUTORIZZATI

'Se lo dici tu' aveva aggiunto qualcuno a matita sotto la scritta. p.31

Cominciava a inquadrare quella ragazza. Si sentì più tranquillo. Per lui le donne non esistevano in quanto essere individuali, da comprendere singolarmente, ma come tipologie psicologiche. Una volta classificata la donna che aveva di fronte, era più semplice elaborare la strategia per conquistarla. p.49

Avevano tutto; quei tre sopravvissuti adesso possedevano quel che per secoli migliaia di uomini avevano bramato. Erano i padroni assoluti di ogni cosa: terra, immobili, provviste, documenti... L'intera Stazione apparteneva a loro. p.72

Continuò la perlustrazione. Si avvicinò ai vecchi macchinari accatastati. Torri imponenti svettavano a perdita d'occhio nella nebbia. Nell'oscurità sembravano che fossero state gettate lì alla rinfusa, precipitate da qualche struttura cosmica. O forse erano le fondamenta di nuove costruzioni che non avrebbero mai visto la luce, lasciate ad arrugginire nelle brume. p.75

Continuavano a camminare. Sopra di loro era scomparsa anche l'ultima stella, divorata dall'enorme vastità del continente grigio ammassato nel cielo. Come era possibile? Come poteva essere che giganteschi soli fiammeggianti, del diametro di migliaia di chilometri, masse roventi più grandi della Terra venissero fagocitate e assorbite da una minuscola, insignificante nuvola? Tutto stava scomparendo, tutto svaniva. Intorno a lui il mondo si dissolveva in una nebbia oscura, le stelle, gli alberi, i fogli di giornale e i rifiuti vorticanti nel vento.
E anche lui. p.116

«Be', è questo il nostro mondo» spiego Carl indicando le montagne che circondavano la proprietà della Compagnia. «Che ne sappiamo di loro? Non fanno parte del mio mondo, né del tuo, no? Come la luna. La puoi vedere, ma non è la stessa cosa che viverci. Si può credere in qualcosa di simile a un disegno appeso nel cielo chissà da chi? In realtà, il nostro mondo finisce dove cominciano quelle montagne. Ai confini della proprietà della Compagnia.»
«Dici sul serio?»
Carl scoppio a ridere, scalciando delle pietre. «Oggi sono incline a queste fantasticherie. Comunque è così, il mondo termina laggiù, e noi ne possediamo ogni centimetro. È nostro.» p.168

«Devi adattarti. Renditi conto che è tutto finito. La vita di un tempo non esiste più.»
«Già.»
«Questo è il momento cruciale. Bisogna decidere. ci siamo liberati del vecchio modo di vivere. Abbiamo abbandonato un mondo agonizzante. Adesso ci troviamo su un precipizio, a guardarci intorno. Come granchi che cambiano guscio.»
«Quali granchi?»
«Non lo so. L'ho letto da qualche parte. Ne esiste una varietà che va alla ricerca di gusci vuoti. Dopo un po' si stancano di quello che li riveste e ne cercano un altro.» p.198


La copertina dell'edizione italiana, illustrazione di Antonello Silverini



Prima edizione americana della WCS Books grafica di James "Kibo" Parry, 1994

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