Le Sirene sedendo in un bel prato,
Mandano un canto dalle argute labbra,
Che alletta il passeggier: ma non lontano
D'ossa d'umani putrefatti corpi
E di pelli marcite, un monte s'alza.
Odissea, XII (traduzione di Ippolito Pindemonte)
John William Waterhouse, A Mermaid, 1901, Olio su tela
Andrea Camilleri, Maruzza Musumeci, "La memoria", 727, Sellerio, Palermo, 2007, 147 pagine.
Gnazio Manisco emigrato in America torna in Sicilia nel crepuscolo del XIX° secolo per riuscire a morire guardando un ulivo. Trova il suo albero in un triangolo di terra che cresce sul mare, conosce il pittore Lyonel Feininger, costruisce una casa che inspirerà l'architettura di Walter Gropius e si sposa con una bellissima ragazza, Maruzza Musumeci, che in realtà è una sirena.
Camilleri riesce a ricavare un piccolo spazio nella sua Vigata anche per una storia d'amore tra un contadino e una sirena. Ma lo scrittore siciliano non è naturalmente tipo da accontentarsi di una qualche sirenetta uscita da un film di Walt Disney e, sull'onda delle parole di Circe nell'Odissea, crea una sirena cannibale e fatale.
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