martedì 25 novembre 2008

Dio la benedica Dott. Kevorkian




In ogni caso ecco il mio epitaffio: "Tutto è stato bellissimo. Nulla mi ha ferito". Comunque sia, me la sarò svignata.

Kurt Vonnegut, Dio la benedica dott. Kevorkian (God Bless You, Dr. Kevorkian , 1999. Elèuthera, Milano, 2000, traduzione di Vincenzo Mantovani, 77 pagine).


Quando si inizia a leggere libri qualcuno dovrebbe insegnarti a tenere da parte qualche opera degli autori che ti coinvolgono di più per poterle assaporare con calma lungo tutta la vita; a me non l'ha mai detto nessuno e quindi, appena scoperto Vonnegut, come mi è accaduto, per la verità, con molti altri scrittori sono andato ad esaurimento...
Questa mia smania compulsiva ha preservato solo pochi libri di racconti che, essendo purtroppo Vonnegut morto, non mi basteranno che per pochissimo tempo.
Si tratta di un libretto di ventuno racconti, in realtà di finte interviste che lo scrittore immagina di fare a dei morti nel tunnel di luce che precede la morte grazie ad una sorta di stato coma controllato reso possibile dall'abilità del dottor Jack Kevorkian, medico americano vivente, fermo sostenitore dell'eutanasia, che ha pagato anche con anni di carcere la sua assistenza a persone che hanno praticato l'eutanasia e che è noto anche per essere l'inventore di due "macchine per la morte" chiamate Thanathon e Mercitron.
Le interviste raccolte nel libro, il cui titolo è una parodia di un'altro più famoso romanzo di Vonnegut, Dio la benedica, signor Rosewater (God Bless You, Mr. Rosewater or Pearls Before Swine), sono state trasmesse originariamente dall'emittente pubblica newyorkese WNYC.
Il viaggio dantesco di Vonnegut si limita in realtà al Paradiso (l'Inferno non esiste) o meglio al suo corridoio d'accesso, le personalità incontrate sono varie e spaziano da casi di cronaca spiccola (il signore morto per aver salvato il suo cane da un pitbull) ai personaggi storici più impegnativi (Hitler per citarne uno...). Lo stile è quello meraviglioso di sempre e il libro sembra una sorta di bigino delle concezione "umanistiche" di Vonnegut sulla vita e (naturalmente) sulla morte.

Sul credere o non credere nell'aldilà. Qualcuno di voi forse sa che io non sono né cristiano, né ebreo, né buddista, né una persona appartenente ad una religione tradizionale.
SOno un umanista, il che significa, in parte, che ho cercato di comportarmi decorosamente senza pretendere, dopo che sarò morto, né ricompense né castighi. I miei avi tedesco-americani [...] si definivano "liberi pensatori", che più o meno è la stessa cosa. Il mio bisnonno Clemens Vonnegut, per esempio, scrisse: "Se ciò che Gesù diceva era buono, cosa può importare se era Dio o no?".
Quanto a me, ho scritto: "Se non fosse per il messaggio di misericordia e di pietà contenuto mel Discorso della Montagna di Gesù, non vorrei essere un essere umano. Preferirei essere un serpente a sonagli". p. 9

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