giovedì 30 ottobre 2008
La fortezza della solitudine
Jonathan Lethem, La fortezza della solitudine [The Fortress of Solitude, 2003 - il Saggiatore, "Net", 323, Milano 2007, trad di. Gianni Pannofino]
Romanzo ambizioso che attinge a piene mani nel vissuto personale dell'autore per tentare di tratteggiare gli ultimi trent'anni di vita americana visti da un quadrilatero di strade di Boerum Hill, Brooklyn, New York.
L'autore torna negli stessi luoghi descritti in Brooklyn senza madre [Motherless Brooklyn] ma lo stile e la profondità della scrittura sono di tutt'altro tipo.
Dylan Ebdus, il protagonista, impiega circa quarant'anni a metabolizzare parzialmente la sua formazione nel quartiere popolare in cui lui è uno dei pochissimi bambini bianchi.
I ricordi d'infanzia sono poco idealizzati, anche nei pochi momenti in cui Lethem si abbandona alla rievocazione di giochi o scoperte si tratta di pause momentanee in una storia fatta di paure e di difficoltà.
L'R&B, il funk, l'avvento del punk e i primi passi dell'hip-hop, i writer, i fumetti della Marvel, le gang e i treni ricoperti di tag, il crack e il ghetto, il romanzo trabocca di simboli dell'immaginario collettivo pop newyorkese ma sono la solitudine e l'abbandono i veri protagonisti del romanzo.
Il libro offre tantissimi spunti per cercare di descriverne i significati; le vicende umane si intrecciano, si stratificano e si sviluppano ma la sensazione che si ha quando si chiude il libro è quella di aver letto la lenta redenzione di un uomo che per sfuggire dalle paure della sua infanzia tradisce i luoghi e le persone che sono rimaste.
Ci si potrebbe perdere a considerare solo i riferimenti al mondo dei super eroi dei fumetti (il titolo si riferisce al rifugio segreto di Superman), o le citazioni musicali (la mia - non originale - idea di comporre la playlist del libro è già stata realizzata da altri) o la geografia di Brooklyn.
Mi rendo conto, cercando di scriverne addesso che si tratta di uno di quei romanzi destinati a sedimentare e riemergere...
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