Comala, 2011. Illustrazione di Manuel Martínez Soler dal suo blog |
Juan Rulfo, Pedro Páramo ( Pedro Páramo, 1955), "L'Arcipelago Einaudi", 61, Einaudi, Torino, traduzione dallo spagnolo di Paolo Collo, 2004, 141 pagine.
Venni a Comala perché mi avevano detto che mio padre, un tal Pedro Páramo, abitava qui. p. 1
Come dice che si chiama il paese che si vede là in basso?
- Comala, signore.
- È sicuro che è già Comala?
- Certo, signore.
- E perché è tutto così triste?
- Sono i tempi, signore. p.4
- Lei conosce Pedro Páramo? - gli domandai.
Osai farlo perché nei suoi occhi vidi un barlume di confidenza.
- Chi è? - tornai a chiedergli.
- Un rancore vivente, - mi rispose. p.6
No, non era possibile calcolare la profondità del silenzio che quel grido aveva prodotto. Come se la terra si fosse svuotata della sua aria. Nessun suono; né quello del respiro, né quello del battito del cuore; come se si fosse fermato il rumore stesso della coscienza. E quando quella pausa terminò e tornai tranquillo, il grido tornò e continuò a udirsi per parecchio tempo: "lasciatemi per lo meno il diritto di scalciare che hanno gli impiccati!" p. 36
All'inizio dell'alba il giorno comincia a girare, a tratti; si sentono quasi i cardini della terra che girano arrugginiti; il vibrare di questa terra che ribalta la sua oscenità. pp. 123-124
Diede un colpo secco contro la terra e si sgretolò come se fosse un mucchio di pietre. p. 141
la copertina
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