Andrea Camilleri, Il campo del vasaio, "La memoria", 744, Sellerio, Palermo, 2008, con una nota di Salvatore Silvano Nigro, 280 pagine.
Tutto vero, tutto sacrosanto, e gli tornava a menti una frase di Bercht: "Perché dovrei amare il davanzale dal quale sono caduto da bambino?". Ma sintiva che non era 'nzertata, quella frasi. Pirchì certe volte, quanno oramà sei squasi vecchio, l'odiato davanzale dal quale sei caduto picciliddro ti torna passante alla memoria e tu ti metteresti in pellegrinaggio per rividirlo come lo vidivi allora, con l'occhi della 'nnucenza. p.203
Livia 'na volta gli aviva spiato, polemica: "Ma tu credi in Dio?". Un dio di quarto ordine, un dio minore, aviva pinsato allura. Po' negli anni, si era fatto pirsuaso che non era manco un dio dell'ultima fila, ma sulo il poviro puparo di 'na mischina opira dei pupi. Un puparo che s'arrabattava a fari funzionari la rappresentazioni come meglio putiva e sapiva. E per ogni rappresentazioni che arrinisciva a portare a termini, la faticata si faciva ogni volta cchiù grossa, ogni volta cchiù pisanti. p.273
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