J. G. Ballard, Regno a venire (Kingdom Come, 2006) "Universale Economica", 2124, Feltrinelli, Milano, 2009, traduzione dall'inglese di Federica Aceto, 293 pagine.
Ero fermo al semaforo in attesa del verde, un'eternità compressa in pochi secondi. Come ottuse divinità, i segnali stradali esercitavano la loro autorità su incroci deserti. p.11
Quella non era giornata di multe per divieto di sosta, il peccato capitale preferito dagli abitanti dei quartieri residenziali, insieme all'emissione di assegni a vuoto e l'uso di carte di credito scoperete. Parcheggiare in seconda fila come l'adulterio e l'alcoolismo, era parte del collante sociale che manteneva in vita quei quartieri lussuosi. p.96
Ma è proprio qui, attorno alla M25, che c'è la vita vera. Questa è l'Inghilterra di oggi. Il consumismo detta legge, e la gente muore di noia. Ha i nervi a fior di pelle, non vede l'ora che succeda qualcosa di enorme e d'insolito. p.109
Enormi sistemi di delirio collettivo che hanno portato all'uccisione di milioni di persone, lanciato crociate e fondato imperi. Una grande religione è sempre sinonimo di pericolo. Oggi la gente vuole credere a tutti i costi, ma riesce a trovare Dio soltanto attraverso la psicopatologia. Basta guardare le aree più devote del mondo: Il Medio Oriente, gli Stati Uniti. Stiamo parlando di società malate che possono solo peggiorare. La gente è pericolosissima quando non le rimane nient'altro in cui credere oltre a Dio. p.113
Un giorno ci sarebbe stato un altro Metro-Centre e un altro sogno folle e disperato. Ci sarebbero state altre marce e un altro presentatore della tv via cavo a battere il tempo. E a un certo punto, a meno che le persone sane di mente non si fossero svegliate e organizzate in qualche modo, sarebbe nata una nuova repubblica, ancora più fiera della precedente, che avrebbe aperto le porte e girato i tornelli del suo paradiso fin troppo luminoso. p.293
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