sabato 17 gennaio 2015

La quinta stagione è l'inferno



Salvatore Niffoi, La quinta stagione è l'inferno, "Narratori", Feltrinelli, Milano, 2014, 144 pagine.

Dopo il ricovero delle capre e la mungitura giornaliera, il lavoro era finito e l’ozio era immenso, come una nuvola da tagliare a fette, che alla fine tornava a gonfiarsi di niente nel cielo.

Ai piedi dell’altopiano di Boboritzé, il tempo aveva un orologio primitivo, poteva essere un gabbiano che all’alba girava intorno alla montagna, che si tuffava in mare per rinfrescarsi e riprendeva a volare nella stessa direzione, senza fermarsi mai. Oppure un candelabro di verbasco che con la sua ombra segnava sull’erba secca il passaggio dalla frescura del mattino alla calura del primo pomeriggio.

l passato è un boia che non perdona, più lo fuggi e più affila la sua scure, e quando ti raggiunge non hai scampo. Il suo divertimento preferito è vederti correre per superare la tua ombra, che è anche la sua. Se poi te ne stai fermo a rimasticarlo, te lo senti dietro la schiena tra capo e collo, che taglia a filo, proprio come la lama di una scure.

 Hai mai visto morire qualcuno da vicino? Secondo me dovrebbero insegnarlo già nelle scuole elementari a morire, così uno non si fa illusioni e nella vita soffre meno, ci arriva allenato. Sei d’accordo? Te lo immagini il maestro che entra in classe e dice: “Bambini, oggi parliamo della morte e di come ci si prepara a morire. Tu, all’ultimo banco, come vorresti morire? Di ferro? D’acqua? Di fuoco? Di cancro? Di colpo o lentamente? Allora?”?

La copertina


Nessun commento:

Posta un commento