sabato 12 aprile 2014

Guarda l'Eufrate rosso di sangue


Yaşar Kemal, Guarda l'Eufrate rosso di sangue (Firat Suyu Kan Akiyor Baksana,1997) "La scala", Rizzoli, Milano, 2012, traduzione dal turco di Simone Abramo e Pinar Gökpar, 408 pagine.

Non esiste riparo dal vento della Storia. 

Il Mediterraneo era tutto azzurro. La luce penetrava in ogni interstizio.
Scendeva la pioggia, una pioggia di luce rosa.

Per come la vedo io…» La voce gli tremò, «per come la vedo io, l’essere umano è per natura in cammino, nomade su questa terra. Al mondo, soltanto gli uccelli e questa gente infelice devono migrare.»

Il fuoco acceso al centro del cortile si era trasformato in brace. E le braci del legno d’ulivo non fanno quasi cenere. L’ulivo non brucia come gli altri legni, la sua luce si vede nel buio a una grande distanza.

Solo il volto di chi aveva molto sofferto, di chi aveva sopportato un dolore infinito poteva avere quell'espressione. Un momento sono colmi di sofferenza, un attimo dopo ridono a piena bocca, come se il dolore non li avesse mai sfiorati.

Accanto al muro di quello di mezzo erano spuntati dei fichi selvatici. I fichi selvatici sono un flagello. Gli basta un muro senza padrone, un rudere, che subito attecchiscono. Crescono persino sulle rocce. È una pianta spudorata, con dei fiori gialli, minuscoli, capace di mettere radici persino sul marmo lucidato.

Vasili si sedette proprio in cima, su una roccia che aveva la sagoma di una poltrona e assistette alla discesa del sole sul mare, alla creazione di un luminoso, nuovissimo mondo. Sbocciò, un sublime fiore arancione, a dispetto di tutto, anche delle guerre, delle torture e della fame. Si riempì di allegria. E ridiscese con questa letizia addosso. La tempesta che agitava il mare da lì non si avvertiva, solo una lingua di vento faceva ondeggiare debolmente i fiori, le foglie e l’erba. Il gatto era arrivato e si strusciava sulle sue gambe. Quando lo prese in braccio cominciò subito a fare le fusa.

Da che gli uomini sono uomini, si sono sempre circondati di simboli.

«È sorprendente» disse la principessa. «Ogni statuetta proviene da una civiltà diversa. Sembra che i popoli della Mesopotamia per migliaia di anni abbiano fondato ogni giorno un mondo nuovo.»

«Queste guerre ci hanno rovinato. La paura ormai l’abbiamo nelle ossa. O abbiamo un terrore da morire, oppure non ci curiamo di nulla. Abbiamo perso ogni cosa, anche il senso di umanità. Queste guerre si sono portate via tutto ciò che avevamo. Il nostro cuore è stato denudato. I morti sono morti e quelli che non sono morti sono comunque a pezzi, dilaniati. Ringraziamo il cielo di essere ancora capaci di avere paura. Non l’abbiamo ancora perduta questa facoltà. Immagina cosa accadrebbe se dovessimo perdere anche il sentimento della paura!…»

Quando l’imbarcazione prese il largo, Lena versò un secchio d’acqua dietro di loro, sul legno del molo. Il gesto con cui da quelle parti si augura un buon viaggio e un ritorno rapido. «Va’ come l’acqua e torna come l’acqua» significa.

Il suo volto si era trasformato in un fiore di gioia, di un rosa perfetto.

la copertina





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