lunedì 22 giugno 2009

Sabotaggio d'amore

Amélie Nothomb, Sabotaggio d'amore (Le sabotage amoureux, 1993), "Collana Amazzoni", Voland, Roma, 1998, traduzione dal francese di Biancamaria Bruno, 116 pagine.

[coming soon...]

Mi sentivo in relazione solo con la Grande Muraglia: unica costruzione umana visibile dalla Luna, lei almeno rispettava la mia scala. Non delimitava lo sguardo, lo trascinava verso l'infinito. p.9

Certi paesi fanno l'effetto di una droga. È il caso della Cina, che ha lo straordinario potere di rendere pretenziosi tutti quelli che ci sono stati, e addirittura quelli che ne parlano. p.9

Niente dà un'aria più distinta del dire con distacco: "Sono appena tornato dalla Cina". E ancora oggi, quando trovo qualcuno che per me non ha abbastanza ammirazione, lascio cadere con voce indifferente, tra una frase e l'altra, un "quando vivevo a Pechino". p.10

Ho sempre saputo che l'età adulta non contava: dalla pubertà in poi l'esistenza è solo un epilogo. p.25

Non ero Prometeo, ero il fuoco, ero io che trafugavo me stessa e osservavo il percorso furtivo del mio bagliore sulle tenebre infinite dei muri cinesi. p.35

Che bello non poter uscire dal ghetto! La libertà non si misurava in metri quadrati a disposizione. La libertà era trovarci finalmente abbandonati a noi stessi. Gli adluti non possono fare ai bambini regalo più bello che dimenticarli. p.35

Definisco cavallo quel luogo unico dove è possibile perdere ogni ormeggio, ogni pensiero, ogni coscienza, ogni nozione di futuro, per essere solo uno slancio, una vela spiegata.
Definisco cavallo quell'accesso all'infinito, e cavalcata il momento in cui incontro le schiere innumerevoli dei mongoli, dei tartari, dei saraceni, dei pellerossa o di altri fratelli di galoppo che hanno vissuto solo per essere cavalieri, cioè per essere.
Definisco cavalcatura lo spirito che scalcia con quattro ferri, e io so che la mia bicicletta ha quattro ferri, e scalcia ed è un cavallo.
Definisco cavalierie colui che il suo cavallo ha sottratto all'insabbiamento, colui che il suo cavallo ha reso alla libertà che fischia nelle orecchie.
Ecco perché nessun cavallo ha mai meritato il nome di cavallo quanto il mio.
Se Elena non fosse stata cieca, avrebbe visto che quella bicicletta era un cavallo e mi avrebbe amato. p.43

Era ovvio che gli adulti erano lì per i bambini. I genitori e i loro complici erano su questa terra affinchè i loro rampolli non avessero a preoccuparsi di questioni sussidiarie come il vitto e l'alloggio, affinché potessero assumere pienamente il loro ruolo essenziale, essere bambini, vale a dire essere. p.53

Più astratto che assurdo: nel mio foro interiore ero convinta che non sarei mai diventata adulta. Il tempo durava troppo tempo perché mi potesse succedere quella cosa. Avevo sette anni: quegli ottantaquattro mesi mi erano sembrati interminabili. La mia vita era così lunga! La sola idea di poter vivere altrettanti anni mi dava le vertigini. Ancora sette anni! No. Sarebbe stato troppo. p.53

Non si conosce la tristezza del mondo se non si sono viste le campagne che circondano Pechino. È difficile concepire come l'Impero più prestigioso della Storia si sia potuto fondare su un atale miseria.
Il deserto è una bella cosa. Ma un deserto travestito da campagna è uno spettacolo penoso. Anche le coltivazioni più piccole avevavo l'aria consunta. p.60-61

La neve, prima carta della Storia, su cui furono scritte tante tracce di passi, tanti inseguimenti spietati, la neve che fu dunque il primo genere letterario, immenso libro raso terra dove si parlava solo di piste di caccia e dell'itinerario del nemico, sorta di epopea geografica che dava al minimo segno il peso di un enigma - quel piede era di un fratello o di chi aveva ucciso quel fratello?
Di questo libro chilometrico e incompiuto, che potrebbe intitolarsi Il più vasto libro del mondo, non c'è rimasto un solo frammento - il contrario della biblioteca di Alessandria: tutti i testi si sono sciolti. Ma in noi deve essere rimasta una reminescenza remota, una sorta di angoscia della pagina bianca che mette una voglia terribile di calcare gli spazi ancora vergini, e istinto di esegeta appena si incrocia una traccia altrui. p.98

Cos'è un fiore? Un sesso gigante che si è messo in ghingheri.
Questa è una verità risaputa; il che non ci impedisce, scemi come siamo, di parlare leziosamente della delicatezza dei fiori. p.99

la copertina








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