Paolo Caredda, Altri giorni, altri alberi, ISBN, Milano, 2009, illustrazioni di Alvise Renzini, 204 pagine.
la copertina
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Un'affresco raffigurante il Vesuvio qualche anno prima dell'eruzione, Pompei.
- Lei è archeologo?
- Non ci sono più archeologi. p.13
Il che dimostra che il Bello e il Bene sono retti da legge opposte: più si parla del Bello, più diventa Bello; più si parla del Bene, meno esso lo è. Insomma, un individuo responsabile che si voti alla causa del Bene fa un cattivo investimento. pp. 33-34
Lei parlava di archeologi, poco fa: che principianti! Buoni solo a scavare buche in terra e a piantare picchetti. E sono pure laureati!
- Sa bene che non era affatto così semplice.
- Certo, tanto poco semplice che erano quasi sempre incapaci di individuare da soli i luoghi in cui scavare. Il più delle volte non facevano altro che precipitarsi là dove operai della metropolitana o contadini che aravano un campo avevano per caso rinvenuto un oggetto strano. Il dilettantismo per eccelenza. p. 103
la copertina
"A mano a mano che il giardino della memoria si inaridisce, [...] si accudiscono con passione estrema gli ultimi alberi e le ultime rose rimasti. Per non farli avvizzire, li bagno e li curo tutto il giorno. Ricordo, ricordo, in modo da non dimenticare." p. 24
[...] la sera di un lungo giorno, un uomo lasciato solo nella sua poltrona ad essere se stesso è come un viaggiatore che torna a casa dopo un viaggio lungo e avventuroso. p.201
Il buio si stava dissolvendo a poco a poco, ma la città sembrava voler trattenere la notte ancora a lungo, come la faccia buia di un pianeta remoto. p.217
Viviamo una vita limitata, vediamo pochissimo e non sappiamo quasi niente; quindi, se non altro, sogniamo un po'. p.230
[...] chi non ha scoperto il modo di essere se stesso è condannato alla schiavitù; le razze alla degenerazione, le nazioni alla scomparsa, al nulla. Sì, al nulla. p.448
L'aspetto più orribile di tale tipo di intimità, secondo lui, era che anche una donna ordinaria, priva di attributi particolari, può, senza che ce ne accorgiamo, invadere una parte notevole dei nostri pensieri. p.460
Oggi di Rüya mi rimane solo questo testo, queste pagine oscure, buie, nere come la pece. p.491
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